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Se il make-up esprime appartenenza (ma anche libertà)

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l viso è una tela su cui creare un dipinto e uno dei mezzi più potenti di espressione: di se stessi, di un pensiero, di adesione a un’idea o a una tribù. Prima ancora di essere un rituale di bellezza, dipingere il viso - o il corpo- è sempre stata una simbologia utilizzata in tutto il mondo da moltissimi popoli in circostanze che spaziano dai riti propiziatori alle cerimonie religiose, dai rituali di guerra alle danze folkloristiche.

Il make-up e la sua funzione rituale nei secoli

Facciamo un veloce tuffo nel passato e spiamo il ruolo del trucco nei secoli scorsi.
il make-up è un’usanza lontanissima nel tempo che per lo più aveva uno scopo ornamentale o religioso associato spesso a rituali propiziatori (i primissimi a utilizzare questa forma espressiva sembra siano stati gli aborigeni australiani ben 60.000 anni A.C.). In ogni caso ogni colore aveva un preciso significato, alcuni tramandati fino ai giorni nostri: il rosso veniva accostato al coraggio, il colore del sangue versato in battaglia, e alla passione, il nero al mistero della notte, il bianco alla purezza, il blu alla calma, il viola, colore destinato ai sovrani, era simbolo di superiorità, il giallo all’intelligenza mentre il grigio, colore della barba degli anziani dei villaggi, alla saggezza e alla dignità.

Il make-up insomma è stato prima di tutto espressione di un concetto, di un’idea o di una speranza già da prima che nascesse la scrittura.

Il make-up nei festival musicali dove lo scambio creativo diventa reciproco

Ma torniamo nel presente. Negli ultimi tempi il make-up è tornato protagonista come strumento di espressione di sé e non solo: è diventato un vero e proprio marchio di appartenenza per sentirsi parte di una tribù, di un movimento o… di un evento.

Basta partecipare ai grandi festival musicali per vedere corpi e volti abbelliti da look stravaganti, talvolta rétro altre iper creativi, quasi sempre multicolor. E non ci riferiamo solo ai festival più celebri come il Coachella, ma anche ad esempio all’Afropunk, al Bonnaroo, o al milanese Carroponte oltre che a svariati singoli concerti, come quelli dei nostri italiani Maneskin.

Nel corso di questi eventi musicali è come se anche il pubblico, oltre agli artisti sul palco, si mettesse in scena con provocazioni e creatività: e così lo scambio creativo diventa reciproco.

La verità è che il make-up, in questi contesti ma non solo, diventa un mezzo per l’espressione delle emozioni e una fonte da cui attingere per raccontare la propria personalità.

Se la parola migliore per descrivere l’approccio al make-up è libertà

Oggi il trucco è percepito, grazie anche alla generazione Z, come espressione di sé. Non ha barriere di genere e di età, e ogni volta è una scoperta, un incontro. La parola migliore per descrivere il nuovo approccio al make-up è libertà.

Il grande ritorno del make-up (post mascherine) ha accentuato negli ultimi mesi la voglia di osare, capovolgendo in alcuni casi le regole o le routine prestabilite. Il trucco è il grande protagonista e i nostri volti sono come tele bianche su cui dipingiamo il nostro stile a seconda dell’umore del giorno, dell’evento a cui partecipiamo o in base a ciò che ci fa voglia.

Questo porta non solo a non usare il trucco nel suo senso tradizionale, ma anche a introdurre décor facili come stencil, adesivi, mini borchie e gemme.
Noi, intanto, restiamo in ascolto e osservazione di tutti questi movimenti emergenti, pronti a fare il pieno di ispirazione e creatività.

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