Gli orti botanici, o giardini botanici, rappresentano una fusione armoniosa tra la bellezza naturale e la conoscenza scientifica. Sono spazi ricchi di biodiversità, dove le piante di tutto il mondo sono coltivate, studiate e conservate per le generazioni future.
La storia degli orti botanici, così come la raccontano Alessandra Viola e Manlio Speciale nel libro Andare per orti botanici, si colloca in tempi antichissimi. C’è chi li fa risalire al “Giardino botanico di Karnak”, appartenente al gabinetto di curiosità di Tutmosi III nell’antico Egitto. Altre fonti, invece, ci dicono che derivano dalle raccolte di piante utili che Teofrasto iniziò a curare nell’Atene del IV secolo a.C. o, ancora, dai giardini Zen dei monaci risalenti più di 2000 anni fa.
Quello che è certo è che è stato il Rinascimento a segnare una vera svolta per queste realtà straordinarie: un’epoca in cui i saperi cominciavano a organizzarsi e a laicizzarsi, in cui nascevano le università e la scienza, così come la intendiamo oggi, muoveva i suoi primissimi passi.
Gli orti botanici sono nati in effetti proprio nelle università, paradossalmente per evitare le truffe, per consentire a chi studiava medicina o farmacia di vedere con i propri occhi le piante da cui poi avrebbe estratto unguenti e pozioni e non cadere più nelle trappole di chi gli avrebbe offerto a caro prezzo, come spessissimo accadeva, piante ed erbe inutili ai loro fini.
Durante l’età moderna gli orti botanici si diffusero capillarmente sia per motivi storici che di studio, consolidando il loro legame con l’ambito universitario. Questi giardini servirono anche come centri per lo scambio di piante e conoscenze tra diverse regioni del mondo.