e c’è una parola che ricorre parecchio in questa nostra epoca è longevità. L’età media, in certe zone del mondo, si è allungata moltissimo e di pari passo veniamo raggiunti da infiniti consigli su come allungare la vita, come vivere in salute e come perseguire uno stato di benessere il più a lungo possibile. Questo fatto è sicuramente straordinario e avere la possibilità di vivere molti anni stando bene è un dono, oltre che un esercizio quotidiano.
L’altro lato della medaglia però è che studiamo come allungare la vita il più possibile quando bisognerebbe anche “allargarla”. Cosa succederebbe se spostassimo per un attimo l’attenzione dalla durata della vita alla sua pienezza? È questo che ci invita a fare il concetto di fullgevity.
Ma come si fa?
Fullgevity, la pienezza è la nuova longevità
Alessia Canfarini nel suo saggio dal titolo Fullgevity la pienezza è la nuova longevità ci spiega che per fullgevità intende quella vita piena – di senso, di relazioni, di attenzione per l’ambiente, gli ambienti e la società – che è possibile conseguire anche grazie a una maggiore consapevolezza del lavoro, dei contesti organizzativi e dei modelli di business.
Per farlo occorre riprogettare, riconnettere, ripensare, rileggere la propria realtà mutevole in forza delle circostanze della vita, dell’età e della posizione economico-sociale acquisita. Si tratta di un esercizio continuo che richiede allenamento e che nasce da un’abitudine alla riflessione.
Si legge nella prefazione che bisognerebbe cercare di vivere:
“Senza ansie e senza le paure istintive nei confronti del cambiamento. È importante valorizzare la vita fino alla fine, non abbandonare il campo rinunciando, per pigrizia o mancanza di coraggio oppure per rassegnazione, alla possibile ricchezza che l’evoluzione e il cambiamento sanno regalare”.
La pienezza che delinea il concetto di fullgevity pone al centro il fattore umano e ha a che fare con il sentirsi radicati, ma anche liberi di cambiare nel tempo, seguendo esigenze di vita mutevoli, come quelle dei tempi ibridi che stiamo attraversando.
Le quattro vie della Fullgevity: Riprogettare, Riconnettere, Ripensare, Rileggere
Ecco quindi che riprogettare prende il senso di slegarci dalle convenzioni legate al momento della vita che stiamo vivendo o a quello che abbiamo sempre pensato che “andasse fatto così”, decidendo di cambiare strada se ne sentiamo il bisogno o il desiderio – ad esempio il lavoro, il luogo in cui abitiamo, le nostre abitudini -.
Riconnettere è il secondo passo per allargare la vita: riconnettersi con gli altri perché sono le relazioni a rendere la vita significativa, ma anche riconnetterci con noi stessi imparando ad ascoltarci e ad assecondare i nostri desideri.
E poi ripensare: ripensare a tutto, alla nostra casa, agli spazi che viviamo, al nostro rapporto con la natura, agli oggetti che ci circondano. La riprogettazione orientata alla fullgevità significa anche non riempire lo spazio e il tempo con oggetti e impegni inutili, ma lasciare spazi vuoti per riflettere, creare e condividere.
Infine, rileggere il modo in cui guardiamo ai nostri progetti, decidendo di abbandonarne alcuni e intraprenderne di altri. «Le cose che accumuliamo non sono solo oggetti, vestiti, gingilli che occupano i nostri spazi» spiega Alessia Canfarini, “ma anche compiti, convinzioni, condizioni di lavoro, segmenti della nostra vita di cui abbiamo smarrito il senso e sono diventati ingombranti. Ikigai, parola giapponese traducibile con “la felicità di essere sempre occupati” indica l’avere uno scopo, il motivo per cui ci alziamo la mattina.”
Che può anche cambiare.
